"Cenni storici" su Losone, fonte: Romano Broggini (e contributi di AAVV), Tipografia Poncioni, Losone 2003.
(Le foto provengono dall'archivio del compianto Flavio Ambrosini).
Quando Aldo Crivelli nel giugno 1943 congedò il suo Atlante preistorico e storico della Svizzera italiana (IET Bellinzona) segnava un punto di partenza per nuove ricerche perché riassumeva lo "Status questionis". Nel 1990 Pierangelo Donati lo ristampava con un prezioso aggiornamento mentre Virgilio Gilardoni dedicandosi agli inventari di cose d'arte e di antichità con l'Osma continuando l'opera di Piero Bianconi, dopo l'inventario pel Distretto di Bellinzona (1955) affrontava quelli del Locarnese (1979). I precedenti "cenni storici" (del 2001) si rifacevano a quelle ricerche. Incaricato dalla Associazione legato delle Tre Squadre di preparare una storia di Losone che uscì alla fine del 2003 ho lavorato per alcuni anni in vista di una presentazione meno tecnica, per una popolazione in rapida crescita, della realtà losonese nel passato e nel presente.
Da questa pubblicazione nasce questo nuovo testo le cui illustrazioni sono tratte da quel volume, grazie alla cortesia dei committenti. Non si può affrontare la preistoria di Losone (cioè dall'epoca anteriore ad una diretta documentazione umana) senza evocare, almeno a grandi linee, le prime informazioni archeologiche nel Locarnese. Esse risalivano, secondo Crivelli, all'epoca del Bronzo (dal 1500 a. C. al 750) con Tombe a cremazione a Locarno (via S. Jorio) e a Tenero, con due asce di bronzo da Cavigliano e Porto Ronco (Crivelli p.18-22). Le decorazioni dei vasi (alle) a colpi di stecca, spesso di color nerastro hanno anche decorazioni "a pettine" di tipo geometrico (Crivelli fig. 20/22). Dell'epoca successiva, detta età del ferro (dal 750 al 200 a. C.) vi sono reperti a Cavigliano, a Solduno e a Minusio (anche con Tombe a cremazione con qualche iscrizione in alfabeto "nord etrusco" (Solduno). Nuovi scavi a Solduno (estate 2005) non sono ancora studiati, ma la cortesia dell'operatore diretto (Calderara) mi conferma la natura dei reperti dall'età del ferro. L'aggiornamento di Donati (del 1990), dopo gli studi di analisi pollinica dello Zoller (1960) permettono di riassumere così la situazione al momento attuale (p. 136). Le analisi polliniche nella zona umida fra Arcegno e Losone attesta no lo sviluppo di una vegetazione "umanizzata" (prodotti agricoli) e persino del castagno.
Si può dunque affermare che la zona fra Arcegno e Losone fu frequentata dall'epoca pre-romana e a quest'epoca può essere attribuita la lavorazione della pietra ollare (del laveggio) nella val di Chécc, che servì anche ad incisioni (massi cupellari studiati da Franco Binda) di cui è ricca la zona (16 riprodotti nel val. citato) e una particolare struttura tettonica tra la faglia insubrica (che passa nella zona della Madonna della Fontana verso Ronco s/Ascona) e le zone di rottura verso le Centovalli (dalla val Brima alla val Cómora: illustrate dall'ing. A. Colombi). Le conseguenze sono che la zona da Tegna al delta della Maggia, ove confluiscano la Maggia (uscendo da Ponte Brolla), l'lsorno dall'Onsernone e la Melezza, è un profondo incavo riempito successivamente. Davanti a Tegna v'è un "buco" profondo circa 200 m., che raggiunge il livello del mare, riempito dal materiale alluvionale che poi formò il delta paludoso. Le necropoli romane (cioè i cimiteri) sono tutte sopra il livello di 210m. e quelle più antiche (come quella di Arcegno che è usata dal I al IV sec. d. C) ancora più protette. Non si può dunque escludere che la zona circostante (ove resta il toponimo della "tàna da l'óm sarvádigh" sia stata zona di caccia. Fatto sta che proprio in una necropoli romana (pagana) ad Arcegno appaia un primo segno della Cristianizzazione in un anellino col cristogramma. La Cristianizzazione della zona avviene attorno al nucleo di Muralto (vicus) ov'era un insediamento di scambi, non lontano dal lago, con una strada che scendeva da Gudo verso Tenero e Minusio e poi proseguiva verso Solduno e la Valle Maggia (v. p. es. Moghegno). Una "vetreria" usava i cristalli delle alpi (Park-Hotel). In quella zona nascerà una chiesa antichissima, probabilmente sul sedime d'una villa romana.
È l'attuale plebana di S. Vittore, anticamente legata a Milano, attraverso il lago, poi sottoposta al vescovo di Como, attorno al 1000 come Lugano e Bellinzona, mentre Milano manteneva il controllo delle "Tre valli" a nord di Bellinzona, (oltre Gorduno). La zona paludosa del basso corso della Maggia separava Losone dal centro di Locarno, dal Pedemonte e dalla Valle Maggia. Perciò si formò una" linea di penetrazione" fra il porto di Ascona, Losone, Golino e Intragna per risalire in Onsernone e nelle Centovalli.
È questo l'asse di penetrazione medievale che giustifica non solo l'emigrazione via lago verso l'Italia (soprattutto Firenze e Roma) attraverso Ascona, ma anche lo sfruttamento degli alpi verso Onsernone e le valli laterali della Maggia, cioè l'appartenenza delle Vose alla comunità losonese e lo sfruttamento degli alpi di Bosco Gurin, prima del 1200, quando vi giunsero i Walser della Valle Formazza. Con l'affermarsi della potenza viscontea sul lago e la costruzione dei castelli a Locarno e a Bellinzona si elaborò una struttura locale che trova negli statuti la sua regolamentazione. L'alto Verbano col suo centro a Locarno era il punto di convergenza sia delle zone rivierasche (Gambarogno, Minusio, Gordola, Cugnasco e Contone) sia delle Valli (Maggia, Onsernone, Centovalli e Verzasca) e costituiva un'unica grande pieve col suo mercato a Locarno. Quando la eredità viscontea ormai si smembra e la difesa del ducato si fa a Bellinzona, la funzione del Lago diventa essenziale e i traffici verso il nord s'intensificano. AI passaggio agli Sforza la pressione svizzera è ormai continua sia dal Sempione sia dal San Gottardo e la funzione dei grandi feudatari (i Borromei e i Rusca) diventa essenziale. Non è un caso che nel '400 le strutture statutarie si rafforzano e che all'arrivo degli Svizzeri siano confermate. Così anche Losone, con le sue cinque Terre (le tre del basso Losone più Arcegno e Vosa) si dà una organizzazione agricola intensiva che tende a permettere il massimo di sfruttamento di campi e pascoli. L'irrigazione delle "gerre" e dei "saleggi" è sviluppata e anche quella del riparto dei campi tirati a sorte tra i fuochi della vicinanza. Anche lo sfruttamento della Brima fra Arcegno e il piano, con mulini e officine (segherie) è organizzato e preparerà le iniziative degli anni 1870-1900 (la "fabbrica") che è parallelo al progredire della emigrazione di arrotini, cuochi, rosticceri a Roma e a Firenze (ma anche ad Arezzo), poi a quella oltre mare, prima in Australia, poi in California. Le tracce di queste vicende esistevano anche nelle costruzioni, nelle Chiese, sostenute dalle "confraternite degli emigranti", nelle iniziative sociali (si pensi al "legato del sale"), alla solidarietà fra emigranti ed ai legami familiari. Fino al 1914 però il concetto di "emigrazione" non era così legato al problema della nazionalità. Il "passaporto" era una attestazione dell'origine e della "buona condotta" del portatore e le "compagnie" (quella di Roma e quella di Firenze soprattutto) erano un nesso di collegamento col paese e di aiuto ai nuovi emigranti. Poi tutto cambiò. Lo sviluppo economico del Locarnese e le possibilità di lavoro, mentre il rientro in patria diventava più complesso, modificò la situazione di Losone. Nel periodo dal 1939 al 1945 la presenza di campi di soldati "internati" permise lavori inattesi e poi uno sviluppo residenziale costante. Il vecchio comune con le sue "frazioni" e le tracce della vita agricola scomparvero gradualmente. Nuovi insediamenti (dalla caserma alle nuove industrie) si stabilirono e altri vi si insediarono spostandosi dai dintorni, vivificando "zone industriali". L'aumento della popolazione residente fu notevole. Quando si pensa che nel 1801 la popolazione era di meno di 600 abitanti, nel 1870 di 633, nel 1920 di 720, nel 1940 di 1174 e nel 1960 di 2024, nel 1980 di 4921, nel 2000 di 6048 ci si rende conto che dal 1940 al 2000 la popolazione è passata da 1174 abitanti a 6048 cioè di oltre 5 volte, mentre dal 1801 al 1920 del 20% cioè di 1 quinto! Anche le strutture scolastiche si modificarono: scuole medie, scuole elementari, diedero una dimensione ben diversa, ma forse in tali settori lo sviluppo non fu quello che si poteva sperare. Ma è proprio per rivedere questa trasformazione che l'esame dei percorsi seguiti a certi avvenimenti salienti possono essere utili, non fosse altro per contribuire a prendere coscienza che un territorio ha certe caratteristiche e che le relazioni con le zone adiacenti hanno effetti spesso inattesi.